
Caro genitore, da un po’ volevo scriverti, per lasciare spazio a un dialogo al di fuori della stanza della terapia.
A volte sembra rilevante fermare sulla carta punti importanti, ma con ciò non voglio misconoscere l’importanza della comunicazione verbale; so quanto è importante la parola e quanto sia portatrice di sensazioni, emozioni, illuminazioni, delusioni; in sintesi: cambiamenti!
Scrivere aiuta molto la riflessione e la comprensione e quindi, la risoluzione di un evento o di un problema.
Si può pensare che il nostro lavoro sia ripetitivo perché i problemi che ti trovi ad affrontare come genitore sono più o meno sempre gli stessi.
Ma c’è qualcosa di diverso in te: la tua storia personale, della tua coppia coniugale e ancora, quella dei tuoi figli.
Le problematiche si ripetono, ma la combinazione di fattori individuali è pur sempre diversa e determina alchimie che non si possono immaginare.
La tua storia è unica, alla quale si può rispondere solo con una attenzione unica.
Voglio parlarti della protezione affettiva, quella che fa sentire tuo figlio sicuro tra le tue braccia.
La culturalizzazione degli istinti ha determinato pure una trasformazione: “deve fare da solo le sue esperienze“, “impari da solo a difendersi: il mondo è difficile“.
I fautori di queste autonomie precoci sbagliano i tempi: il bambino è in continua trasformazione e richiede la tua continua capacità di adattamento e un’attenzione rivolta ad ogni età.
Caro genitore c’è un altro pericolo del quale ti voglio parlare, che riguarda la protezione e il suo uso eccessivo.
I rischi che la società ci presenta sono molti; alcuni insidiosi come la televisione ed internet, potresti essere portato a proteggere troppo evitando esposizioni a situazioni pericolose, evitando di parlargli di temi che scottano, come la sessualità e la droga.
L’età del bambino è il fondamentale discrimine per fornire le giuste informazioni ed esperienze.
“Avevo 13 anni e non ero mai uscita di casa da sola, forse per comprare qualcosina nel negozio sotto casa, ma sempre mia madre mi osservava dalla finestra. Quel pomeriggio le dissi che era tardi e che doveva accompagnarmi in piscina. Lei mi rispose che potevo andare da sola. Per poco non svenni, ma era una cosa che desideravo da tanto tempo. Quando fui in strada raggiunsi la piscina correndo, tutto mi metteva paura. Questa sensazione mi ha accompagnata per tanti anni, ogni volta che mi trovavo sola per strada.”
Caro genitore, non è facile trasformare la protezione in libertà.
Se rispetterai un continuum, la protezione che hai dato inizialmente sarà una difesa che tuo figlio porterà con sé.
Noi adulti parliamo spesso di rispetto. Questo è uno sforzo che a volte non riusciamo a riservare neanche a noi, magari per eccessi lavorativi.
La mancanza di rispetto nasconde un’altra insidia: l’umiliazione.
“Mio padre dice che da grande non avrò un lavoro: ci sono rimasto molto male.”
Il bambino crede nell’onnipotenza del genitore e cresce con l’immagine di sé che tu gli restituisci ogni giorno.
L’umiliazione può distruggere. Quello che tuo figlio costruisce può essere dissolto da un momento di rabbia.
Bisogna quindi avere l’umiltà di chiedere scusa. La ribellione nasce dalla rabbia che tu genitore non sei in grado di controllare.
L’umiliazione con il tempo deteriora i rapporti, anche quelli con il proprio partner: con lui devi creare un’alleanza educativa, valori e coerenza nell’accompagnare la crescita dei figli.
Certo, caro genitore, anche il tuo partner ha bisogno di rispetto, in modo particolare davanti ai figli.
Che valore può avere una persona derisa da un’autorità come la tua? Se distruggi l’immagine dell’altro crei una reazione a catena dalla quale nessuno si potrà salvare, neppure tu che l’hai innescata.
A volte ti stupisci se tuo figlio non ti parla, non ti racconta della scuola, dei suoi problemi. Il bambino comunica sempre; siamo noi che dobbiamo imparare ad ascoltarlo, a cogliere la sua mimica.
Caro genitore, quante volte ti sei seduto di fronte a tuo figlio, guardandolo negli occhi per ascoltarlo?
Non quando vai a prenderlo a scuola, parlandogli dallo specchietto retrovisore, ma proprio seduto di fronte, stringendogli le mani per tranquillizzarlo. So che non è facile, anche perché sei impegnato nel lavoro dentro e fuori casa.
C’è sempre qualcosa da fare e ora ti chiedo di fare il genitore.
Protezione, Rispetto, Ascolto. Non ti sto chiedendo molto. Non mi dire che una volta i genitori non dedicavano molto tempo. Allora il futuro era incerto, la mortalità infantile elevata e i figli utilizzati come forza lavoro.
Il suo futuro dipende da te e dal modo di rapportarti con lui.
Caro genitore, in fondo tuo figlio, ha bisogno di una madre e di un padre come te.
Dott.ssa Daniela Magnini
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